I figli del capo: come vengono vissuti dai collaboratori?

21 OTTOBRE 2025
di Erika Delfi
Come vengono percepiti e vissuti dai collaboratori?
Come vengono percepiti e vissuti dai collaboratori?
Quando si parla di passaggio generazionale in azienda, l’attenzione si concentra spesso sulla preparazione dei figli dell’imprenditore, sulle loro competenze, sulle strategie di continuità e sull’equilibrio tra tradizione e innovazione. Ma c’è un altro aspetto fondamentale, troppo spesso trascurato: come vengono percepiti e vissuti dai collaboratori?
L’ingresso dei figli del fondatore in azienda è un momento delicato, che può generare emozioni contrastanti tra i dipendenti. Da un lato c’è la speranza che portino nuove energie, idee fresche, modernizzazione. Dall’altro, può emergere una naturale diffidenza: sono lì per merito o per diritto di nascita?
Spesso, soprattutto nei primi tempi, i figli del capo si trovano a dover affrontare un pregiudizio implicito: devono dimostrare il doppio per essere riconosciuti come legittimi leader. I collaboratori possono guardarli con sospetto, domandandosi:
• “Avrebbe ottenuto quel ruolo se non fosse figlio/a del titolare?”
• “Ci capisce davvero?”
• “Ha mai fatto la gavetta?”
Queste domande, legittime dal punto di vista umano, possono minare la fiducia reciproca, a meno che non vengano affrontate con intelligenza e trasparenza.


Essere “figli del capo” non è sempre una posizione comoda. Al contrario, può comportare un peso psicologico notevole. Devono trovare il proprio spazio tra chi li ha visti crescere, chi li confronta continuamente con il genitore, e chi aspetta un passo falso per dire: “Te l’avevo detto.”
Molti di loro vivono il paradosso di dover dimostrare di non essere privilegiati, pur beneficiando oggettivamente di una posizione favorevole. Questa tensione li porta, spesso, a sovraccaricarsi di responsabilità, a voler cambiare tutto subito per affermare la propria identità, o al contrario, a restare troppo nell’ombra del fondatore.

Ma se è vero che i figli del capo hanno un compito difficile, è altrettanto vero che i collaboratori giocano un ruolo cruciale nella riuscita del passaggio generazionale.


Accoglierli con apertura, giudicare più i fatti che i preconcetti, fornire supporto costruttivo senza cedere a dinamiche paternalistiche o, peggio, sabotaggi silenziosi, è fondamentale.


In molte aziende italiane, soprattutto nelle PMI familiari, i collaboratori storici sono i custodi della memoria aziendale. La loro disponibilità a condividere esperienza, valori e cultura d’impresa con la nuova generazione può fare la differenza tra una transizione serena e un conflitto latente.
Il passaggio generazionale dovrebbe essere vissuto come un’opportunità per rigenerare la leadership, non come una semplice eredità da trasmettere. Ma questo richiede lavoro, da entrambe le parti:
• I figli del capo devono mostrarsi umili, competenti, capaci di ascoltare, pronti a imparare prima di comandare.
• I collaboratori devono essere disposti a fidarsi, a dare credito, a partecipare al cambiamento.
Solo così si può passare da una leadership imposta a una leadership riconosciuta.


In conclusione


La vera domanda non è solo “i figli del capo sono pronti?”, ma anche:
“Noi siamo pronti ad accoglierli, a collaborare con loro, a costruire insieme il futuro dell’azienda?”


Perché un’azienda non è solo una struttura organizzativa, ma una comunità fatta di persone, relazioni, storie. E in ogni passaggio generazionale, c’è bisogno di tutte queste componenti per continuare a crescere.

Quando si parla di passaggio generazionale in azienda, l’attenzione si concentra spesso sulla preparazione dei figli dell’imprenditore, sulle loro competenze, sulle strategie di continuità e sull’equilibrio tra tradizione e innovazione. Ma c’è un altro aspetto fondamentale, troppo spesso trascurato: come vengono percepiti e vissuti dai collaboratori?

L’ingresso dei figli del fondatore in azienda è un momento delicato, che può generare emozioni contrastanti tra i dipendenti. Da un lato c’è la speranza che portino nuove energie, idee fresche, modernizzazione. Dall’altro, può emergere una naturale diffidenza: sono lì per merito o per diritto di nascita?

Spesso, soprattutto nei primi tempi, i figli del capo si trovano a dover affrontare un pregiudizio implicito: devono dimostrare il doppio per essere riconosciuti come legittimi leader. I collaboratori possono guardarli con sospetto, domandandosi:

• “Avrebbe ottenuto quel ruolo se non fosse figlio/a del titolare?”

• “Ci capisce davvero?”

• “Ha mai fatto la gavetta?”

Queste domande, legittime dal punto di vista umano, possono minare la fiducia reciproca, a meno che non vengano affrontate con intelligenza e trasparenza.



Essere “figli del capo” non è sempre una posizione comoda. Al contrario, può comportare un peso psicologico notevole. Devono trovare il proprio spazio tra chi li ha visti crescere, chi li confronta continuamente con il genitore, e chi aspetta un passo falso per dire: “Te l’avevo detto.”

Molti di loro vivono il paradosso di dover dimostrare di non essere privilegiati, pur beneficiando oggettivamente di una posizione favorevole. Questa tensione li porta, spesso, a sovraccaricarsi di responsabilità, a voler cambiare tutto subito per affermare la propria identità, o al contrario, a restare troppo nell’ombra del fondatore.


Ma se è vero che i figli del capo hanno un compito difficile, è altrettanto vero che i collaboratori giocano un ruolo cruciale nella riuscita del passaggio generazionale.



Accoglierli con apertura, giudicare più i fatti che i preconcetti, fornire supporto costruttivo senza cedere a dinamiche paternalistiche o, peggio, sabotaggi silenziosi, è fondamentale.



In molte aziende italiane, soprattutto nelle PMI familiari, i collaboratori storici sono i custodi della memoria aziendale. La loro disponibilità a condividere esperienza, valori e cultura d’impresa con la nuova generazione può fare la differenza tra una transizione serena e un conflitto latente.

Il passaggio generazionale dovrebbe essere vissuto come un’opportunità per rigenerare la leadership, non come una semplice eredità da trasmettere. Ma questo richiede lavoro, da entrambe le parti:

• I figli del capo devono mostrarsi umili, competenti, capaci di ascoltare, pronti a imparare prima di comandare.

• I collaboratori devono essere disposti a fidarsi, a dare credito, a partecipare al cambiamento.

Solo così si può passare da una leadership imposta a una leadership riconosciuta.



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Il passaggio generazionale è un tema cruciale e complesso per qualsiasi azienda. Non lo diciamo solo noi, che abbiamo osservato da vicino numerose realtà affrontare questa sfida, ma lo confermano anche i dati dei sondaggi italiani. Infatti, il 57% dei lavoratori opera in imprese con un numero di dipendenti compreso tra 1 e 19, di cui il 46,6% in aziende tra 1 e 10 dipendenti. Inoltre, l’85% delle PMI italiane è costituito da imprese familiari, e negli ultimi anni il passaggio generazionale è diventato un aspetto con cui queste realtà devono confrontarsi quotidianamente.
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Cosa si intende per organizzazione aziendale?
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